I compassion club hanno dato via alla svolta per la legalizzazione canadese: attivisti come Ted Smith e Marc Emery hanno reso effettivamente possibile la legalizzazione della Cannabis in
Canada.
A partire dalla fine degli anni sessanta del Novecento, molti americani si ritrovarono a varcare il confine per cominciare una nuova vita in Canada. Ciò accadde principalmente perché erano anni difficili, in cui nell’aria c’era una gran voglia di liberarsi dalle catene del sistema e dalle sottomissioni psicologiche più vigliacche, come la minaccia di una guerra nucleare; erano anni in cui anche la scienza aveva trovato il giusto slancio per rivoluzionare la qualità della vita degli uomini e importanti furono le scoperte per utilizzare le droghe naturali, e non, a favore di una salute mentale e fisica tangibile. Ma come ben sappiamo, tutto venne brutalmente represso: i sogni dell’erba e dell’amore liberi vennero ucci
si con la guerra del Vietnam e molti giovani, che non vollero essere costretti a sorvolare l’oceano per imbracciare un fucile, scapparono in Canada. Quest’immigrazione di massa portò nel paese britannico un’ondata di positività, dove le idee potevano concretizzarsi in creatività. Tra le altre cose, in molti continuarono a fare ciò che da tempo facevano negli Stati Uniti, ovvero coltivare Cannabis.
Negli anni sessanta in California, ma anche in moltissimi altri stati, come in Vermont, Colorado, Washington, la Cannabis veniva coltivata dappertutto, in particolar modo nelle comunità hippy.
A fine anni sessanta, nacquero anche i primi veri e propri Cannabis Club statunitensi ma ebbero una vita molto breve perché Nixon nel 1970 cominciò a combattere la guerra più ridicola che si potesse fare: la guerra alle droghe. Così gli attivisti che più si erano esposti furono costretti ad emigrare per non subire troppe conseguenze, e chi rimase dovette subire anni di carcere.
A causa della repressione totale le coltivazioni calarono drasticamente in qualità e in quantità ma non vennero mai abbandonate del tutto. I coltivatori di Cannabis continuarono a scambiarsi semi e informazioni senza mai mettere la parte la loro passione per la natura, dovevano semplicemente nascondersi di più. La manna dal cielo venne dagli olandesi negli anni ottanta che fusero la loro tecnologia nella costruzione di serre con l
a passione degli americani per la Cannabis. Il connubio divenne perfetto e i growers poterono nascondere al meglio le loro piante.
In California, nel 1993 Valerie Corral fondò la WAMM, la Wo/Men’s Alliance for Medical Marijuana, un’associazione di pazienti che si occupa di distribuire gratuitamente Cannabis a chi ne ave
sse bisogno. Valerie, figlia di Aurora Leveroni, intervistata sul numero 0 di MJPassion, cominciò a soffrire di attacchi epilettici dopo un’incidente aereo contro l’auto del padre nel 1974. Grazie a suo marito Mike che lesse su The Lancet (1975) che la Cannabis avrebbe potuto curarla, cominciò a coltivarla nel suo giardino segreto. Da allora in poi Valerie non ebbe mai più un crisi epilettica e decise che si sarebbe battuta per i diritti alla cura dei malati bisognosi di Cannabis.
Così nel 1993 partì il progetto WAMM che è il più antico collettivo esistente tutt’ora che non ha mai smesso di garantire cure compassionevoli, senza fare business, si tratta di un’associazione che non vende né compra marijuana e si mantiene in vita grazie alle donazioni dei più di 2000 uomini e donne associati.
Ted Smith, famoso attivista canadese ed autore di Hempology 101, fondò il primo Compassion Club a Vancouver, il Victorian Cannabis Buyers Club nel 1996.
Ted prese ispirazione proprio dalla situazione che si venne a creare in California. Viaggiò in lungo e in largo sulla west coast e si fermò a San Francisco dove, sull’onda del WAMM – Valerie è originaria di San Francisco e poi si è trasferita a Sant Cruz, ndr – nacquero i Cannabis Buyers Club. Inizialmente si trattava di posti escl
usivi, dove bisognava necessariamente conoscere qualcuno per poterli scovare e poi pian piano, vennero sempre più alla luce del sole. Ted venne a stretto contatto con Dennis Peron che fondò il primo CBC di San Francisco dopo aver scoperto che la Marijuana era l’unico sollievo che il suo compagno potesse avere dalle terribili conseguenze dell’HIV. Purtroppo morì dopo pochi anni, nel 1990, a causa del sequestro di Cannabis che subì da parte della polizia. Dennis non si diede per vinto e dedicò il resto della sua vita al club che fondò ufficialmente nel 1990, fu il primo dispensario pubblico della storia. Ted imparava ed ammirava il lavoro svolto da Dennis che costantemente informava i pazienti ed educava tutto il vicinato sui potenziali usi della Cannabis, tant’è che divenne presto famoso in tutta la città e poi nello stato della California. Contribuì significativamente a redigere il Californian Proposition 215, fu coautore, che di fatto rese legale la Marijuana
medica nel suo stato.
Intanto Ted Smith pensò che anche in Canada bisognasse attivarsi e tornava spesso a Vancouver per istruire i suoi amici, coi quali fondò il Victorian CBC. Anche questo club nac
que in casa, in seguito si trasferì nel retro di un negozio, per poi mettersi alla luce del sole. Prima di arrivare a questo ultimo passaggio Ted, Hilary e Leslie progettarono per mesi un programma che potesse essere convincente per le istituzioni. In particolare si vollero assicurare che i pazienti che servissero soffrissero di problemi di salute abbastanza seri da poter invocare una protezione da parte delle istituzioni piuttosto che una repressione che bloccasse loro l’accesso alla terapia. All’epoca anche solamente nominare ad un medico la parola Cannabis, significava apparire come una persona a cui importasse di più divertirsi anzi che curarsi… non era assolutamente presa in considerazione. Quindi Ted pensò che dovessero assumere un semplice mandato, che favorisse i pazienti, che fosse accettato pubblicamente e che soddisfacesse in pieno la corte, facendo leva sul fatto che usare la Cannabis come medicinale dovesse essere un diritto costituzionale.
Da quel momento in poi accettarono solo pazienti la cui diagnosi indicava disturbi permanenti, disabilità o sindromi incurabili con i farmaci in modo tale che la corte di giustizia dovesse considerare la Cannabis come una necessità e non un’alternativa.
All’inizio Ted era determinato a non voler guadagnare soldi nel vendere Cannabis ai pazienti visto che erano tutti malati gravi o terminali. Poi Leslie lo fece ragionare, così incluse nel prezzo il servizio di trasporto, (ai terminali consegnava in bicicletta ed era munito di un cerca persona) che permise al club di crescere, di trovare una sede fissa, di migliorare il servizio comprando le attrezzature necessarie. Hilary, la terza “socia”, fondò un altro club a Vancouver che divenne ufficialmente operativo nel 1997, sempre in maniera underground.
Nel marzo del 2001 il Victorian Buyers Club, che faceva base da circa 5 anni a casa di Ted, subì una retata da parte della polizia e i ragazzi reagirono trasferendosi in un negozio.
Ad aprile di quell’anno fu delineata la storia dei compassion club canadesi, che crebbero notevolmente sia di numero che di qualità. Ne furono fondati uno in ogni città e poi molti altri nelle stesse città. Il Victorian Buyers Club ha compiuto di recente 22 anni, durante i quali è sopravvissuto a 5 retate della polizia, una decina di rapine, un sacco di disaccordi e tumulti interni ma nonostante tutto i ragazzi, diventati veterani sono riusciti a tenere insieme tutto facendo la storia in Canada.
Altro attivista di spicco in Canada fu Mark Emery che dal 1995 si occupò commercializzare semi di Cannabis in tutto il mondo, inviandoli anche negli stati dove fossero ritenuti illegali. Venne estradato dagli Stati Uniti ed arrestato nel 2005, dove fu considerato uno spacciatore. È anche editore della rivista Cannabis Culture, membro fondatore del Freedom Party in Ontario, del Marjuana Party e del BC Marijuana Party e di candidò per diventare sindaco di Vancouver tre volte, nel 1996, 2002 e 2008. Emery fu condannato a scontare 5 anni di carcere per traffico di droga, per riciclaggio (avrebbe fatto incassare al magazine 5 milioni provenienti da traffici illeciti) e vendita illegale di semi di Cannabis. Scontò 4 anni di pena anzi che 5 grazie alla sua ottima condotta in carcere e neanche due anni dopo uscito di galera, aprì sei dispensari a Montreal, nonostante la vendita di marijuana fosse illegale. Fu arrestato lo stesso giorno dell’apertura, il 16 dicembre 2016 e con lui altre 10 persone. Si giustificò affermando che aprire i dispensari fosse l’unica maniera per cambiare in maniera significativa la legge in Canada. Nonostante l’arresto, aprì altri dispensari in British Columbia, Qebec e Ontario, se ne potevano contare 19, tutti franchising aventi il nome del suo magazine Cannabis Culture.
Il 7 marzo 2017 fu arrestato insieme a sua moglie Jodie, che è sempre stata sua complice e socia in tutti i suoi affari, il 9 marzo partì l’operazione “Project Gator” in cui tutti i Cannabis Culture furono chiusi dalla polizia che sequestrò molti contanti, fino a 250.000$ per club. Incluse nella maxi retata anche due case collegate al franchising dove si tenevano erba e soldi.
Il bello è che molti dispensari riaprirono tranquillamente il giorno seguente!
Il 10 marzo Marc e Jodie, che erano stati accusati di cospirazione, di aver messo in piedi un’organizzazione criminale collegata allo spaccio di sostanze stupefacenti, vennero rilasciati su cauzione a determinate condizioni: non avrebbero potuto più mettere piede in un dispensario, soprattutto i Cannabis Culture e non avrebbero potuto detenere né consumare droga se non esplicitamente prescritta da un medico. Patteggiarono per due anni di libertà vigilata e per questo si lamentarono con il giudice sottolineando che la loro fosse una disobbedienza civile con fini sociali… il giudice rispose che non aveva alcun dubbio a riguardo ma che aveva visto troppo profitto dalle loro attività.
Meritano di essere menzionate anche le numerose manifestazioni nelle principali città canadesi svoltesi dai primi anni duemila in poi, a favore dei compassion club, a favore dei pazienti e anche dell’uso ricreativo come diritto; ogni anno il 4 aprile è come se fosse festa nazionale in molte città come Vancouver, Toronto e anche Ottawa e Montreal, vengono allestiti veri e propri banchetti nelle aree verdi delle città adibiti alla vendita di edibles, marijuana, gadget.
Questi esempi di disobbedienza civile portarono indubbiamente beneficio sull’opinione pubblica canadese riguardo la Cannabis. I canadesi furono istruiti ed abituati a convivere con la cultura cannabica, non a caso i pazienti americani che furono perseguitati dalla legge nel loro paese, trovarono un porto sicuro in Canada. Con l’avvento di Justin Trudeau come premier nel 2015 si ebbe la svolta; il presidente liberale aveva annunciato già 2 anni fa di essere favorevole alla completa legalizzazione della Cannabis, e aggiunse che avrebbe lavorato sodo per ottenere il migliore risultato possibile. Nel giugno 2018 suo impegno per tagliare le tasse alla piccola media impresa e per la legalizzazione della Cannabis si sono tradotti in realtà, rendendo il Canada il secondo paese al mondo dopo l’Uruguay ad aver tolto il proibizionismo ed il primo nel G7.
Le prospettive per il futuro sono ottime: già a settembre i canadesi potranno acquistare Marijuana a scopo ricreativo nei dispensari, per il momento, i bar e tabacchi sono esclusi dalla vendita.
Intanto sono già un centinaio le aziende operative che hanno ottenuto la licenza per produrre la Cannabis legalmente ma alcune non hanno ancora la licenza per venderla. Molte di queste aziende appartengono all’industria farmaceutica. I compassion club paradossalmente restano illegali, e lo sono sempre stati perché non sono autorizzati alla distribuzione da Health Canada, ufficialmente, quella che si vende in questi dispensari non è Cannabis terapeutica per lo stato. Si potranno coltivare fino a quattro piante a persone e non sarà illegale detenere quantità per uso personale. Il governo punta ad avere tanta Cannabis legale di qualità a prezzi contenuti, uguali o inferiori a quelli del mercato nero, tasse incluse in modo tale da abbatterlo. Il mondo adesso ha gli occhi puntati su ciò che succederà in Canada, visto che si stima che le aziende delegate non riusciranno a produrre il milione di chili che si prospetta venga richiesto dopo aver legalizzato l’utilizzo ludico della Cannabis. Inoltre le suddette aziende dovranno scegliere se continuare ad esportare Cannabis terapeutica per altri paesi oppure tenere le scorte per la propria nazione. Se il Canada dovesse esportare meno erba nel 2019 ad agli altri stati come Brasile e Germania, questi dovrebbero organizzarsi diversamente e il rischio di una reazione a catena per la legalizzazione o liberalizzazione della Cannabis diventerebbe concreto…a e a noi non dispiacerà!